Palazzo Schifanoia rappresenta un luogo simbolo per la storia di Ferrara e la sua travagliata evoluzione nel tempo è lo specchio fedele delle vicissitudini che hanno interessato la città. La straordinaria importanza risiede nell’essere l’unica fra le residenze urbane costruite dagli Estensi ad aver conservato nella sua forma quasi originaria un esteso ciclo figurativo, testimonianza assoluta di quella scuola pittorica che lo storico dell’arte Roberto Longhi incluse nella famosa «Officina ferrarese», tra le più importanti e qualificate del Rinascimento italiano.

Il palazzo, eretto nel 1385 per volere di Alberto V d’Este, signore di Ferrara fino al 1393, costituisce una delle sopravvissute espressioni architettoniche di dimore destinate alla rappresentanza e allo svago, un tempo denominate “delizie”: il termine “Schifanoia” deriva, infatti, da “schifar” ovvero “schivar la noia”, allontanare il tedio dei pressanti impegni politici sottesi al governo dello Stato.

L’edificio, costruito ad un solo piano, venne ampliato nel 1391 e acquistò le forme attuali sotto la signoria di Borso d’Este, marchese e poi duca di Ferrara tra il 1450 ed il 1471. Nel 1465, infatti, Borso ordinò all’architetto Pietro Benvenuti degli Ordini di prolungare il corpo di fabbrica verso oriente e di sopraelevare il fabbricato con un piano nobile destinato ad accogliere gli appartamenti ducali e un ampio salone di rappresentanza: il Salone dei Mesi, terminato, come le altre parti dell’edificio, nel 1469-70.

In questo ambiente, il primo duca estense chiamerà a raccolta molti fra gli artisti attivi a Ferrara, tra i quali Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti, al fine di creare uno dei più stupefacenti capolavori dell’arte rinascimentale italiana: la decorazione del salone con il ciclo dei mesi, celebrazione della sua casata in chiave astrologica e mitologica. A questo straordinario ambiente si accompagna la sontuosa Sala delle Virtù, che nel fregio e nel soffitto vide all’opera uno dei migliori scultori attivi nel nord Italia: il padovano Domenico di Paris.

Ornata di un coronamento di merli dipinti, la facciata dell’edificio era in origine decorata con motivi geometrici che simulavano policromi rilievi lapidei. Contribuì alla valorizzazione dell’esterno l’imponente portale marmoreo, recentemente restaurato e che gli studiosi attribuiscono ad Ambrogio di Giacomo da Milano e Antonio di Gregorio, sovrastato dal grande stemma estense e dall’unicorno, creatura mitica assai cara a Borso tanto da elevarla a propria impresa araldica, a ricordo delle bonifiche territoriali da lui promosse.

Sul finire del secolo, nel 1493, Schifanoia subisce l’ultimo ampliamento ad opera di Biagio Rossetti, l’architetto protagonista del celebre piano di espansione urbana lodato dalla letteratura col nome di Addizione Erculea. Proprio Ercole I, successore di Borso e duca della città fino al 1505, volle infatti prolungare il palazzo di altri sette metri verso est al fine di creare un nuovo ambiente. Anche la facciata fu interessata da un rinnovamento: la merlatura di coronamento venne eliminata e sostituita con un cornicione in cotto che, nelle metope, presenta a rilievo l’impresa ducale del Diamante.

Concesso da Ercole I al figlio Sigismondo, che lo abitò fino alla morte (1524), il palazzo confluì poi per disposizione testamentaria del duca Alfonso I (28 agosto 1533) nelle disponibilità immobiliari di Francesco d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e futuro marchese di Massalombarda, il quale si rese promotore nel corso degli anni ’50 del Cinquecento di alcune iniziative di decorazione interna ed esterna della residenza, avvalendosi per ciò delle qualità pittoriche del giovane Sebastiano Filippi, alias Bastianino, forse l’ultimo protagonista della civiltà artistica ferrarese.

Con l’abbandono di Ferrara da parte degli Estensi nel 1598 inizia la decadenza del palazzo. La proprietà passa a un ramo cadetto della famiglia e, attraverso Marfisa d’Este (figlia di Francesco), va in eredità ai Cybo, duchi di Massa e Carrara.

Nel 1703 avviene il subentro della famiglia Tassoni: dopo questa data l’antico complesso residenziale subisce i danni più rilevanti allorché vengono demolite la loggia che collegava il corpo di fabbrica tardo trecentesco al giardino e lo scalone d’onore che Borso aveva fatto costruire all’esterno, sul fronte nord, per accedere al Salone dei Mesi.
Anche quest’ultimo subisce ferite gravissime: la cessione in subaffitto di parte dell’edificio a una manifattura di tabacchi porta, infatti, a coprire con intonaci bianchi le decorazioni, cancellando in tal modo il ricordo dei fasti dell’età estense.

La memoria delle decorazioni del Salone non è però persa del tutto. A partire dal 1821, grazie alla curiosità e alla caparbietà del restauratore e pittore Giuseppe Saroli, dallo scialbo cominciano a riemergere le decorazioni quattrocentesche. La scoperta genera nuovo interesse attorno a Schifanoia e, grazie anche a Luigi Caroli e Francesco Avventi, nel 1840 le pareti settentrionale ed orientale sono pienamente visibili. Il restauro viene ultimato dal pittore bolognese Alessandro Compagnoni.

La riscoperta delle decorazioni borsiane induce il Municipio di Ferrara ad intervenire per recuperare completamente gli affreschi e l’intero edificio. Nella seduta del Consiglio Comunale del 6 novembre 1897 è approvato il progetto per l’adattamento a museo dei locali di Palazzo Schifanoia e il trasferimento di parte delle collezioni civiche: l’anno successivo, il 20 novembre, l’antica “delizia” degli Estensi rinasce ufficialmente nelle vesti del “Civico Museo Schifanoia”.