Un accordo storico tra Amazon e la Federal Trade Commission porta a rimborsi per milioni di abbonati Prime americani: fino a 51 dollari a persona.
L’accordo raggiunto da Amazon negli Stati Uniti con la Federal Trade Commission (FTC) segna uno dei casi più rilevanti degli ultimi anni sul fronte dei servizi digitali e degli abbonamenti online. Dopo un’indagine avviata nel 2023, il colosso dell’e-commerce ha accettato di versare complessivamente 2,5 miliardi di dollari, cifra che include una maxi sanzione e i rimborsi destinati a milioni di utenti Prime.
Secondo quanto riportato da Politico, i rimborsi riguarderanno gli abbonati che hanno pagato il servizio tra la metà del 2019 e la metà del 2025. A ciascuno spetteranno fino a 51 dollari, mentre altri utenti potrebbero avere diritto a ulteriori indennizzi presentando richiesta.
Perché Amazon deve pagare
Il procedimento avviato dalla FTC si è concentrato sulle modalità di iscrizione e cancellazione dell’abbonamento a Prime, considerato uno dei pilastri del modello di business di Amazon. Negli Stati Uniti il servizio costa 139 dollari all’anno o 14,99 dollari al mese, e viene scelto soprattutto da chi effettua acquisti frequenti sulla piattaforma.
Gli investigatori hanno ritenuto che il processo di attivazione fosse caratterizzato da “tecniche ingannevoli” per spingere i consumatori ad abbonarsi. Ma soprattutto, la procedura di disdetta è stata giudicata troppo complessa e poco trasparente, tanto da configurare una violazione delle regole di tutela dei consumatori.
L’indagine ha preso in esame pagine web, schermate di conferma e passaggi richiesti per uscire dal servizio, evidenziando come per molti utenti fosse difficile capire chiaramente come annullare l’abbonamento. Proprio su questo punto si è concentrata l’azione della FTC, che ha imposto ad Amazon una revisione delle pratiche commerciali.
La posizione di Amazon e il futuro di Prime
Attraverso una nota ufficiale, Amazon ha sottolineato di aver sempre rispettato la legge e di aver scelto l’accordo per chiudere la vicenda e “concentrarsi sull’innovazione a favore dei clienti”. L’azienda ha ribadito che lavora “duramente per rendere chiara e semplice sia l’iscrizione che la cancellazione di Prime” e che continuerà a puntare su un’offerta di valore per i milioni di abbonati sparsi in tutto il mondo.
Il caso non ridimensiona solo il peso di un servizio come Prime, ma rappresenta anche un precedente importante per il settore digitale. L’intesa con la FTC dimostra infatti come le autorità di vigilanza americane intendano aumentare il controllo sulle piattaforme globali, soprattutto nei casi in cui le procedure non risultino trasparenti per i consumatori.
Per Amazon, che conta oltre 200 milioni di abbonati Prime nel mondo, la vicenda arriva in un momento cruciale. Il servizio resta un motore centrale delle vendite e della fidelizzazione, ma l’azienda dovrà dimostrare di poter garantire maggiore chiarezza nelle proprie politiche commerciali.
Il rimborso di 51 dollari per ciascun utente appare simbolico rispetto al valore complessivo dell’abbonamento, ma segna un riconoscimento concreto delle difficoltà riscontrate da molti consumatori. Resta ora da capire se l’accordo spingerà Amazon a introdurre modifiche strutturali ai suoi processi digitali e se altre autorità, anche fuori dagli Stati Uniti, seguiranno l’esempio della FTC aprendo nuovi procedimenti.