La «Carta dei Ducati Estensi» di Marco Antonio Pasi

Massimo Rossi

carta dei ducati estensi

L’analisi della cartografia storica su supporto digitale offre possibilità d’indagine impensabili solo fino a pochi anni fa.

Nel 1929 Roberto Almagià, il maggiore storico della cartografia italiano, scontava l’impossibilità di effettuare «il confronto con la pittura dantiana [per il quale] occorrerebbe un’ottima riproduzione di quest’ultima che finora non si possiede. Io mi son servito di una piccola fotografia eseguita molti anni fa dalla Ditta Moscioni di Roma»[1].

Il geografo fiorentino si riferiva al confronto tra la Ferrariae Ducatus (1582 ca.) di Egnazio Danti esposta nella Galleria delle Carte geografiche in Vaticano e la «Carta dei Ducati estensi» di Marco Antonio Pasi nella versione del 1580 conservata alla Biblioteca Estense di Modena[2].

Ferrara

L’edizione digitale della «cosmografia» di Pasi del 1571, a cura della Provincia di Ferrara, consente per la prima volta una sorta di realistica deambulazione all’interno del territorio governato da Alfonso II d’Este e disegnato dal suo «practico mathematico».

Occorre precisare che l’immagine virtuale prodotta dal supporto magnetico non potrà mai sostituire corporeità e stratificazione semantica proprie del manoscritto, tuttavia riuscirà a svolgere molteplici e utili funzioni, prima fra tutte la preservazione dell’opera originale e, non secondariamente, una sua più democratica fruizione amplificata esponenzialmente dalla pubblicazione sul web, peraltro già attuata da tempo con altri capolavori di cartografia storica.

Belriguardo

Quello che risultava impossibile ad Almagià era raffrontare documenti inamovibili e di grandi dimensioni, se pensiamo che la versione pasiana del 1580 misura 1760 x 3120 mm, mentre la pittura di Danti 3360 x 4310 mm, entrambi dunque difficilmente studiabili su un supporto fotografico e in bianco e nero.

Ma la «Carta dei Ducati estensi», oggi di pubblico domino e di comoda consultazione, presenta una genesi agli antipodi del concetto di fruibilità che vale la pena di ricostruire qui, anche se per sommi capi.

Quando Marco Antonio Pasi (1537-1599) consegna nel 1571 la sua fatica cartografica al duca di Ferrara è un maturo professionista di trentaquattro anni che da almeno otto cavalca per i domini estensi allo scopo di mettere in disegno ditto paese[3]. Il carpigiano è un ingegnere, architetto, idraulico e un ottimo cartografo che utilizza il disegno come valido strumento per dar concretezza a progetti di varia natura e riflettere su problemi pratici di manutenzione degli oggetti naturali e artificiali dislocati sul territorio. Il padre Giacomo, amministratore pubblico, membro del Consiglio Generale di Carpi, si occupò a lungo di controllo delle acque trasmettendo competenze e cognizioni al figlio, così come è ragionevole pensare vista ancora l’assenza di istituzioni professionali dedicate alla formazione dei tecnici.

Benvignante-Belriguardo

La prima testimonianza archivistica dell’attività cartografica di Marco Antonio risale al 1563 quando fu incaricato dall’amministrazione ducale di fare il disegno della Garfagnana, la provincia estense situata nell’alta valle del fiume Serchio, tra le Alpi Apuane e l’appennino Tosco Emiliano, già governata dal poeta Ludovico Ariosto e oggi territorio lucchese.

Nel 1566 Marco Antonio eseguì il Disegno del Polesine di Ferrara sino a marina[4], restituzione emblematica della vasta depressione paludosa alle spalle di Copparo alla vigilia della grande bonificazione avviata da Alfonso II. E ancora ritroviamo suoi lavori cartografici relativi a progetti di sistemazione fluviale, notizie sul suo impiego tecnico nella manutenzione dei palazzi estensi disseminati nel Ferrarese (le meglio note «delizie»)[5]. A questo proposito sono stati recentemente a lui attribuiti una serie di straordinari disegni attestanti la pianificazione del complesso urbanistico mesolano voluto da Alfonso II e realizzato con il suo concorso[6].

Tuttavia la «Carta dei Ducati estensi» ha un significato profondamente diverso rispetto ai normali esiti cartografici elaborati professionalmente da un tecnico, poiché con questo lavoro ci troviamo di fronte a un autentico monumentum, a un’opera intellettuale che rappresenta il manifesto culturale della civiltà cortigiana ferrarese del Rinascimento.

La lettera dedicatoria[7] che Marco Antonio indirizza a Sua Altezza Serenissima, oltre alla scontata encomiastica, svela intriganti contenuti che allargano notevolmente il contesto culturale all’interno del quale venne pensato e realizzato il disegno dei domini estensi. La missiva è parte di un fascicolo «costruito» artificialmente in archivio, nel senso che la busta in cui è contenuta raduna documenti estrapolati da fondi diversi, e al suo interno troviamo prove calligrafiche di scrittura e annotazioni sui principali luoghi ferraresi, sempre di Pasi.

Casaglia

Questo per giustificare la presenza di altri materiali insieme alla lettera, che tuttavia offrono spunti per la riflessione. La coperta del fascicolo porta la seguente intestazione: «Teatro di Marco Antonio Pasi da Carpi ingegniero del Serenissimo Signor Ducca di Ferrara / Il quale contiene la vera descritione di tutte le giurisditioni di Sua Altezza Serenissima in Italia».

Nel testo della dedicatoria ritroviamo, come sinonimo per la cartografia, «piena et universal cosmografia – e proseguendo – da me adimandata il Teatro di tutto l’Stato in Italia del Serenissmo Signor Ducca di Ferrara».

In seguito Pasi deciderà di corredare la carta con un titolo in latino omettendo i termini «teatro» e «cosmografia» inserendo però la locuzione «vera descriptio»: «Anno a Xpi nativit. MDLXXI/Sereniss. Alfonsi II Atestini Ducis Ferrariae/totius iurisdtict.is Italicae vera descriptio/auctore M. Antonio Pasio Carpen./eiusdem ser: ducis practico mathematico»[8].

Quartesana

Abbiamo a che fare con tre termini associati alla topografia che spostano la nostra attenzione verso ambiti culturali coevi alla stesura del capolavoro. «Cosmografia» rimanda a un’organizzazione narrativa, testuale, enciclopedica del sapere geografico particolarmente in uso nel corso del XVI secolo, a partire dalla riscoperta europea della Geografia tolemaica, opera che rivoluzionò il modo di concepire lo spazio geografico e offrì l’inedita possibilità di posizionare i luoghi su una griglia di coordinate.

Marco Antonio utilizza il sostantivo «cosmografia» in forma sincretica, vale a dire mostrando geograficamente i luoghi dei domini estensi, tutti misurabili orizzontalmente nelle loro rispettive distanze mediante la scala lineare posta a corredo della carta, e al contempo ne struttura la descrizione inserendo elementi verticali, piano-prospettici, scenografici, fuori scala e in alcuni casi ancora allo stato progettuale.

Franco Farinelli propone ulteriori elementi di riflessione quando, citando Leibniz, definisce la «scenografia, vale a dire vedere le cose in assonometria […] la forma di conoscenza riservata agli umani [e] l’icnografia, vale a dire la conoscenza geometrica […] la conoscenza divina»[9]. A nostro avviso è qui ravvisabile, e per vari motivi, la dimostrazione del raggiunto sincretismo nella vera descriptio elaborata da Pasi.

Cento

La carta ospita al suo interno oggetti in assonometria – l’orografia, i centri abitati, le delizie – e si offre come punto di vista terreno, umano, per la sorprendente ricchezza di oggetti rappresentati, strade comprese, resi visibili dal vitale rapporto di scala prescelto, quello topografico (1:53.800 ca. rapportato al sistema metrico decimale), che consente la virtuale deambulazione all’interno dei territori raffigurati. Al contempo, se si allontana lo sguardo dal particolare riducendo gradualmente la scala, riusciamo ad abbracciare l’intero dominio estense con un punto di vista orizzontale, icnografico, divino.

Occorre adesso giustificare l’uso del termine «teatro» e per questo evochiamo un’altra operazione editoriale di respiro europeo che contribuì ulteriormente a scardinare le potenzialità del documento geografico. Un anno prima della carta di Pasi, il geografo collezionista e umanista Abraham Ortels (Abramo Ortelio, 1527-1598) pubblicò l’atlante intitolato Theatrum Orbis Terrarum – teatro del mondo – autentica innovazione dal punto di vista della rappresentazione cartografica[10].

Pescara

Il Theatrum esprime nel titolo il concetto chiave della conoscenza di tutta la superficie terrestre attraverso la visione dall’alto, totalizzante, organizzata come fosse una rappresentazione teatrale. All’interno di questa metafora l’uomo è al contempo attore e spettatore del gran teatro del mondo, partecipe di un’opera enciclopedica che lo mette in grado di esplorare per la prima volta tutta la terra attraverso un libro ordinato metodicamente con cartografie elaborate in un unico formato.

La componente di forte interesse dell’opera orteliana è una sorta di invito alla meditazione filosofica mediante la visione della superficie terrestre. L’immagine che apre il Theatrum, il Typus orbis terrarum, è un «modello» della terra intravista dal cielo. Chi guarda contempla il mondo, il proprio mondo, con un occhio esterno a esso; la finalità è quella di suscitare nell’osservatore una riflessione morale sulle cose umane in rapporto all’universo circostante, rivelando la loro piccolezza, fragilità e follia, in una complessiva visione neostoica[11].

Tuttavia non crediamo sia culturalmente condivisibile e associabile alla «cosmografia» pasiana il profondo concetto espresso dal Theatrum, quantomeno nella sua accezione moraleggiante neostoica appena espressa. I «teatri del mondo» appartengono alla cultura cinquecentesca e designano opere a carattere enciclopedico che hanno lo scopo di organizzare le conoscenze. Possiamo citare alcuni esempi come il Teatro della memoria di Giulio Camillo Delminio (1550), il Theatrum instrumentorum et machinarum di Jacques Besson (1578), il Théâtre de la nature universelle di Jean Bodin (1590 ca.), oltre al Theatrum orteliano.

Se per il geografo anversese il mondo rappresenta la scena della follia umana in senso erasmiano e si offre come meditazione filosofico-geografica, il teatro cartografico pasiano è al contrario una metafora della vita, l’osservazione di uno spazio in divenire. Lo sguardo zenitale concesso solo al Creatore, e dunque allo spettatore privilegiato (nel caso nostro il duca, la corte) non è certo inteso per fini moralistici, bensì per evidenziare la sua esclusività.

Sabbioncello

È la sintassi cartografica a comprovare questo fondamentale scarto interpretativo, vale a dire il rapporto di riduzione in scala: mentre Ortelio offre quadri geografici, Marco Antonio lavora in ambito topografico. La scena in cui vengono rappresentati i domini estensi è viva e intrisa di dettagli descrittivi che suggeriscono meditazioni positive.

Gli spettatori cortigiani del viaggio zenitale negli stati estensi «mireranno – per usare ancora le parole di Pasi – bellissimi et inespugnabili forti, fortezze, casteli, roche, cittadele, cavamenti, pescagioni, palazi e citade, et altre simil cose da piacere ad ogniuno con maraviglia grande». La metafora teatrale raggiunge qui pregnanza semantica nell’esaltazione della wunderkammer cartografica e, allo stesso tempo, nella enumerazione delle molteplici competenze pratiche del tecnico che ha contribuito e contribuirà alla realizzazione di parte delle meraviglie enunciate.

Argenta

I luoghi maggiormente definiti sono proprio quelli frequentati da Marco Antonio in veste professionale di architetto e ingegnere: la Garfagnana, il Frignano e tutto il Ferrarese. Gli altri feudi (modenese e reggiano) e i territori confinanti (Mirandola, Guastalla, Novellara) restano presenze periferiche rispetto al cuore politico e culturale del ducato e non ne raggiungono la ricchezza dei dettagli.

Nella carta-teatro di Pasi le conoscenze vengono descritte e ordinate sinotticamente nello spazio geografico estense; in essa troviamo le tensioni politico-territoriali attive nel territorio, dalla grande bonificazione intrapresa nel 1566 nel Polesine di Ferrara ancora in piena esecuzione e ben visibile nella rete geometrica dei canali che trasformeranno paludi e depressioni in terreni agricoli, al recinto della tenuta di Mesola nella realtà ancora in fase progettuale, ma qui dispiegato secondo le aspettative ducali per divenire avamposto urbano ed emporio commerciale del vicino porto marittimo, alla cinta muraria settentrionale di Ferrara, capitale dello Stato, con due baluardi frutto di tensioni teoriche mai concretizzate[12].

Baura

L’edificio grafico-culturale disegnato da Pasi trasmette ancora altro: l’idea del potere signorile sul territorio attraverso la riproduzione fuori scala delle residenze ducali di Belriguardo, Copparo e Le Casette; il grande sogno estense di un dominio longitudinale tra i mari Adriatico e Tirreno svelato nella raffigurazione di un piccolo lembo di Tirreno versiliano confinante con la Garfagnana.

La straordinarietà di questo documento sta anche nella realistica restituzione del sistema idrico, naturale e artificiale, e nella narrazione grafica della viabilità terrestre, invisibile a lungo negli esemplari cartografici successivi. Qui invece strade e via arginali sono ben leggibili, così come i sentieri che si insinuano nella montagna appenninica, descritta con verosimiglianza e cura perché lungamente attraversata e dunque non paragonabile agli anonimi e coevi «mucchi di talpa».

Altro aspetto sorprendente è il rapporto tra nuclei abitati e realtà demografica effettiva, allo scopo di offrire allo sguardo indagatore una visione quantomeno espressionistica della realtà insediativa del ducato[13].

Diamantina

Ma l’artificio di maggiore forza comunicativa sta nell’orientamento dell’intero sistema geografico. Imponendo il sud in alto risulta con chiarezza chi sia e dove sia il vero e unico osservatore privilegiato. Sono la capitale e il duca che guardano e dettano le coordinate geografiche di riferimento, esprimendo il punto di vista sul mondo. Questo il segno più concreto, anche se non innovativo, di una forte volontà visionaria diretta a guidare l’immaginazione.

Sappiamo inoltre che l’ingegnere carpigiano, come altri colleghi coevi, si occupò di aspetti tecnici degli allestimenti teatrali e questa attività, per nulla di secondo piano, va traguardata nell’ambito della vitale cultura tecnico teatrale ferrarese che vede in Battista Guarini e Giraldi Cinzio i riferimenti universalmente riconosciuti. Marco Antonio si occupò di scenografia a Ferrara nel 1569, in occasione del torneo L’Isola Beata, ideata dal segretario ducale Giovan Battista Pigna, con la direzione di Cornelio Bentivoglio e la partecipazione di Pirro Ligorio per i disegni delle macchine nautiche e dei mostri[14].

Casette

Ma ritroviamo testimonianza di Pasi in un’altra prestigiosa occasione, la grandiosa serata inaugurale del teatro Olimpico di Vicenza (3 marzo 1585) in cui il carpigiano realizzò l’illuminotecnica dell’Edipo tiranno di Sofocle, curato scenograficamente da Vincenzo Scamozzi, corago (regista) Angelo Ingegneri[15].

Se dunque provassimo a organizzare una visione zenitale capace di comprendere un più allargato contesto redazionale della topografia pasiana, potremmo ravvisare e percepire i possibili influssi culturali mutuati dal mondo teatrale e poetico[16].

Il teatro cartografico allestito da Marco Antonio Pasi dimostra una delle caratteristiche peculiari della cartografia, vale a dire l’incapacità di mostrare la realtà. Sembra un paradosso ma la natura del mezzo cartografico è quella di mediare una narrazione parziale dello spazio, una delle infinite modalità di restituire la parte di mondo individuata dall’autore che per primo denuncia il pertugio scelto dichiarando la scala adottata e dunque la soglia oltre la quale gli oggetti diventano invisibili.

Benvignante

La metafora teatrale coniugata alla cartografia acquista spessore perché entrambe le rappresentazioni artistiche mostrano similitudini nelle modalità di svolgimento, anche al di là del comprovato ma fecondo coinvolgimento teatrale di Pasi. Marco Antonio racconta i territori estensi sotto la guida del duca-regista e organizza scenograficamente lo spazio geografico in sintonia con il fedele ritratto immaginato nella visione condivisa con Alfonso II, delegando alla topografia la realizzazione di una narrazione coerente e compiuta.

Se associamo alla cartografia il concetto di spazio teatrale – per noi oggi quasi incomprensibile perché ormai irrimediabilmente prigionieri del concetto di spazio geometrico euclideo – allora possiamo ospitare al suo interno tutte le attese, i progetti e le tensioni ideologiche orchestrate da Pasi e dal suo mondo culturale di riferimento che con maggiore lucidità e consapevolezza condivideva l’uso complesso e ambiguo della rappresentazione cartografica.

Zenzalino

Nella vera descriptio il rapporto di scala non attiva ancora il concetto di dominio assoluto dello spazio, proprio della modernità, che confonde l’immagine del mondo con la carta geografica[17], e una delle possibili dimostrazioni è il ribaltamento dei punti cardinali ancora possibile in Pasi.

Occorre dunque allargare l’ottica all’interno della quale inquadrare l’allestimento di una cartografia, prima di tutto ampliando il contesto culturale dei tecnici, mai etichettabili con precise e univoche funzioni, ma sempre poliedrici e versatili[18]. Di Pasi conosciamo gli impieghi (anche se in forma embrionale) in ambito architettonico, militare, idraulico e teatrale, ma dovremmo approfondire la rete dei suoi rapporti istituzionali e interpersonali al fine di delineare un profilo biografico più complesso, diversamente dalla più celebrata ma semplicistica e conterminata accezione di «cartografo». Sappiamo che nessuno dei tecnici coevi si definì mai con quella qualifica, essendo il disegno solo un’utile modalità lavorativa per restituire pensieri e progetti.

Mesola

La «cosmografia» del 1571 (così come la «copia» realizzata nel 1580), non sarà utilizzata dai tecnici che gli succederanno nella restituzione cartografica dello stato. Probabilmente perché non la videro o gli fu vietato di utilizzarla. Dovremo attendere il 1601 per vedere la Corographia dello Stato di Ferrara di Giovan Battista Aleotti e il 1620 per il Ducato di Ferrara di Giovanni Antonio Magini, inserito nell’Italia, ma saranno stampe a scala corografica, inservibili alla deambulazione e totalmente parziali rispetto all’insieme dello Stato estense ormai mutilato dalla Convenzione faentina.

Bosco Eliceo

L’elitario Ferrariae Ducatus (1582 ca.) di Egnazio Danti, parte del programma iconografico della Galleria vaticana, sarà realizzato sulla base di una riproduzione dell’opera di Pasi diversa dall’archetipo del 1571[19], e avrà anch’esso un pubblico esclusivo tra cui lo stesso Magini che trasse informazioni utili al suo lavoro.

Crediamo che il viaggiatore zenitale contemporaneo sarà ragionevolmente in grado di assistere al teatro del mondo allestito dal «practico mathematico», ingegnere, architetto, scenografo e illuminotecnico Marco Antonio Pasi o da un altro interprete pregeodetico, se saprà leggervi le dimensioni culturali, scientifiche, artistiche, filosofiche e umane contenute, pena la visione di uno splendido artificio che svanisce non appena lo sguardo si distoglie.

Copparo

Bibliografia di riferimento

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Roberto Almagià, Monumenta Italiae Cartographica, Istituto Geografico Militare, Firenze 1929.

Chiappini 1973

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Bondanini 1981

Andrea Bondanini, Contributi per la storia della cartografia ferrarese. Cinque studi, «Atti e Memorie» della Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria, serie III, vol. XXIX, 1981.

Gambi 1982

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Ceccarelli 1990

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Farinelli 1992

Franco Farinelli, I segni del mondo. Immagine cartografica e discorso geografico in età moderna,
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Gambi, Pinelli 1994

Lucio Gambi, Antonio Pinelli (a cura di), La Galleria delle Carte geografiche in Vaticano, Franco Cosimo Panini,
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Ceccarelli 1998

Francesco Ceccarelli, La città di Alcina. Architettura e politica alle foci del Po nel tardo Cinquecento, il Mulino,
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Mangani 1998

Giorgio Mangani, Il mondo di
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Mazzoni 1998

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Massimo Rossi (a cura di), Della scienza et dell’arte del ben regolare le acque di Gio. Battista Aleotti detto l’Argenta architetto del Papa, et del publico ne la città di Ferrara, Franco Cosimo Panini, Modena 2000.

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Franco Farinelli, Il globo, la mappa, le metafore, Relazione al seminario presso la Scuola Superiore
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Jean-Marc Besse, Les grandeurs de la terre. Aspects du savoir géographique à la Renaissance, Ens, Lyon 2003.

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Laura Federzoni, Cartografia e cultura. Brevi considerazioni sulla figura e sul sapere del cartografo, «Geostorie», Bollettino e notiziario del centro italiano per gli studi storico-geografici, anno 12, n. 1, gennaio-aprile 2004, pp. 11-24.

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Marco Borella (a cura di), Delizie a Ferrara. Residenze principesche alla corte degli Este, Provincia di Ferrara, Ferrara 2005.

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Laura Federzoni, Pasi, Marco Antonio, nota biografica, in Geo-grafie di un territorio. Studi e ricerche per un Dizionario storico dei cartografi in Emilia-Romagna, a cura di Marco Putrella, Chiara Santini, Stefano Torresani, Patron, Bologna 2006, pp. 170-174.

Mangani 2006

Giorgio Mangani, Cartografia morale. Geografia, persuasione, identità,
Franco Cosimo Panini, Modena 2006.

Note

[1] Almagià 1929, p. 42.

[2] Sul restauro virtuale della «Carta dei Ducati estensi», conservata alla Biblioteca Estense di Modena (C.G.A.4) e redatta da Marco Antonio Pasi nel 1580, si veda Federzoni 2004. Per un più analitico confronto tra i manoscritti cartografici di Pasi (1571 e 1580) e la Ferrariae Ducatus di Egnazio Danti, rimando al mio studio Riflessioni sul «teatro cartografico» di Marco Antonio Pasi, in Delizie in Villa. Il giardino rinascimentale e i suoi committenti, a cura di Francesco Ceccarelli e Gianni Venturi, atti del convegno della VIII Settimana di Alti Studi Rinascimentali, Ferrara 13-15 dicembre 2005, Olschki, Firenze, in corso di pubblicazione.

[3] ASMo, Cancelleria Ducale, Archivio per materie, Ingegneri, busta 4.

[4] Si veda Rossi 1986.

[5] Borella 2005.

[6] Ceccarelli 1990 e 1998.

[7] ASMo, Archivi per materie, Letterati, busta 54.

[8] ASMo, Mappe in telaio, pannello M, manoscritto a colori, 2060 x 3220 mm, otto pannelli accostati e intelati, per un rapporto di scala e equivalente a circa 1:53.800. Desidero ringraziare Riccardo Vaccari per la preziosa collaborazione durante la ricerca in Archivio di Stato.

[9] Farinelli 2002.

[10] Dal 1570 al 1612, ultimo anno delle trentadue edizioni susseguitesi nelle principali lingue europee, vennero prodotti complessivamente circa 7300 esemplari, cfr. van den Broecke 1986, pp. 3-12.

[11] Si vedano Mangani 1998, Mangani 2006 e Besse 2003, pp. 329-336.

[12] In questa sede non entriamo nei dettagli relativi alla storicizzazione dei singoli oggetti contenuti nella topografia, peraltro trattati nei principali studi sul documento. Rimandiamo dunque a Chiappini 1973, Bondanini 1981, Rossi 1986 e Ceccarelli 1998.

[13] L’unica analisi sul tema è in Chiappini 1973, pp. 201-207, ripreso da Rossi 1999, p. 840.

[14] Su L’Isola Beata e bibliografia relativa si veda Ceccarelli 1998, pp. 113-114 e 125n.

[15] Mazzoni 1998, p. 127.

[16] Anche Ceccarelli, raccogliendo un interrogativo di André Chastel, si pone il tema dell’influenza esercitata dai modelli poetici su una parte della produzione architettonica estense tardocinquecentesca, Ceccarelli 1998, p. 115.

[17] Farinelli 1992, p. 55.

[18] Il caso di Giovan Battista Aleotti, di recente approfondito con una serie di studi innovativi, può fornire un valido esempio, si vedano Rossi 2000 e Cavicchi, Ceccarelli, Torlontano 2003.

[19] Per un approfondimento su questi aspetti rimando ancora a Rossi 2007.